Gli svantaggi dell’allenamento competitivo

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Nell’articolo precedente abbiamo parlato dell’allenamento non-competitivo e dei suoi vantaggi.

Tuttavia, poiché la maggioranza dei tennisti predilige invece l’allenamento competitivo – quello dove si “gioca a punti” – in questo articolo voglio spiegare quali, secondo me, sono gli svantaggi di questo tipo di allenamento.

Chiariamo subito una cosa: l’allenamento competitivo è necessario per diventare un tennista di successo – sia a livello ricreativo che a livello professionale – perché consente di allenare la gestione della tensione competitiva e le strategie di gioco che vanno oltre le scelte tecniche e riguardano il livello più avanzato del tennis.

Tuttavia l’allenamento competitivo ha anche svantaggi, che inevitabilmente si evidenziano se un tennista si allena costantemente in situazioni competitive e sotto pressione.

Proprio per questo è fondamentale bilanciare l’allenamento con un mix di sessioni competitive e non.

L’allenamento non competitivo, come abbiamo visto nell’articolo specifico, offre molti altri benefici che spesso le persone sottovalutano e che sono, secondo me, fondamentali per sviluppare una tecnica fluida, costante e una mente calma e capace di affrontare lo stress del gioco.

Ma vediamo quindi quali sono i problemi più comuni che si presentano al tennista che utilizzi solo l’allenamento competitivo.

1) Tensione

Perdita di fluidita’ nei movimenti

Un tennista sotto stress mentale ha il corpo teso che impedisce movimenti rilassati. Un movimento fluido e senza sforzo (piedi, colpi, movimenti…) può venire solo da un corpo rilassato mentalmente e fisicamente.

Ovviamente il rilassamento non è mai completo mentre si gioca! Ma un certo grado di rilassamento permette al giocatore di compiere le sue azioni al meglio, velocemente e con poco sforzo.

Roger Federer è uno di giocatori più rilassati di sempre. Nota la fluidità dei suoi movimenti e anche l’espressione della sua faccia che riflette la calma che ha durante il gioco.

Questa calma mentale si trasforma in corpo rilassato che permette una coordinazione perfetta di tutte le parti del corpo e la capacità di imprimere alla racchetta grandi accelerazioni perché i muscoli sono appunto rilassati.

Tecnica poco efficace

Un tennista rigido non può sviluppare una buona tecnica di gioco perché il suo corpo è troppo teso per permettere questo sviluppo. La tecnica di tennis è, naturalmente, nulla più che essere capaci di coordinare il tuo corpo per generare insieme accelerazione e controllo della racchetta al momento giusto.

Poiché non ci sono due palle che arrivano nello stesso modo e quindi tutti i colpi in respinta sono differenti e unici, il tennista deve essere in grado di coordinare il suo movimento in maniera differente OGNI VOLTA, per ogni colpo che gioca.

Certo, alcuni colpi hanno somiglianze (scambi dal fondo, restituire una seconda di servizio, ecc), ma nella sostanza, ogni palla è differente e unica. La tensione nel corpo ti impedisce di adattarti – le parti del tuo corpo coinvolte nel corpo sono troppo rigide e “non vogliono” muoversi nel modo che è necessario per colpire la palla al meglio – anche se il tuo cervello dà i comandi corretti al corpo al momento giusto. È proprio un problema di resistenze e contrasti meccanici derivanti dalla tensione mentale.

2) Pressione mentale

Conseguenze di un punto perso che fanno perdere il focus

Un tennista che gioca a punti quasi sicuramente inizierà a pensare alle conseguenze di perdere il punto che sta giocando o il game, il set o addirittura l’incontro. I pensieri negativi su un evento futuro fanno perdere il focus, rendono il gioco timido, creano dubbi sulle decisioni prese durante il gioco fino a far cambiare decisione nel momento stesso in cui si sta eseguendo il colpo… e diverse altre paure che si insinuano nella mente del tennista.

Tutti questi elementi provocano sostanzialmente gli errori gratuiti che tendono poi ad autogenerarsi. “Errori gratuiti” ovviamente è come possono essere considerati da fuori, mentre cosa li genera è appunto abbastanza chiaro (la mente del tennista).

Paure inconscie che influenzano la mente e quindi il corpo

Un tennista che sta giocando per vincere può sperimentare paure inconscie: significa che non sta attivamente pensando a qualcosa, ma la sua mente comunque attiva pensieri inconsci che attivano emozioni.

Sono le paure inconscie di perdere, di deludere la famiglia, gli amici, l’allenatore, di fare brutta figura eccetera.

Queste paure inconscie e convinzioni negative sono i fattori che fanno sbagliare l’atleta nei momenti critici del match e sono pertanto molto pericolose e da tenere a bada con un opportuno allenamento mentale.

3) Perdita di motivazione

Dipendenza solo da motivazioni esterne

Giocare per vincere (o giocare per non perdere) forza il giocatore a focalizzarsi solo sui fattori di motivazione esterni. La motivazione esterna può essere un driver potente – ed è necessaria nel mondo reale – ma è anche molto fragile.

Infatti, nel momento in cui il tennista decide (correttamente o meno) che non potrà vincere (perché lo dice il punteggio), le sue motivazioni esterne smettono di funzionare (perché il tennista ha deciso che non otterrà i benefici per cui stava giocando – soldi, trofeo, punti, ranking, riconoscimento, fama, ecc) e quindi smette di lottare.

Ma, come sappiamo bene, un incontro di tennis non è finito fino all’ultimo punto. E praticamente in ogni incontro di tennis ci sono molti cambiamenti su chi conduce il gioco ed è nel flusso.

Alla finale dei Masters 2005, Roger Federer perse un vantaggio di 2 set a 0, poi Nalbandian perse un vantaggio di 4:0 nell’ultimo set, poi ancora Federer perse il vantaggio quando serviva per il match sul 30 a 0.

La chiave di una motivazione forte e costante sta nella motivazione interna. La soddisfazione di giocare al tuo meglio, la gioia di giocare e colpire la palla, o semplicemente, sentirsi bene mentre si gioca, indipendentemente dal risultato.

È questo tipo di motivazione interna che dà ai grandi tennisti la forza di volontà e l’energia per combattere in situazioni che sembrerebbero perdute e, spesso, ribaltare le sorti dell’incontro.

Questi sono tutti i fattori negativi che influenzano il tennista che spende troppo tempo nell’allenamento competitivo o che semplicemente gioca troppi tornei in un periodo di tempo relativamente limitato.

Il circolo vizioso delle sconfitte

Vince Spadea cadde nel circolo vizioso dells sconfitte con 21 sconfitte consecutive in 6 mesi prima di vincere finalmente un incontro nel tour.

Un tennista che inizia a soffrire gli effetti negativi della pressione costante, può entrare in un circolo vizioso di “ripetizione a perdere” che continuamente aumenta la pressione e i relativi effetti negativi sul suo gioco.

Diventerà sempre più teso perché sa cosa può succedergli e come può giocare male.

Avrà paura di perdere non solo un incontro, ma anche di provare tutti gli effetti negativi (tensione, perdita di focus, steccate, braccino, ecc) che ha già provato in incontri precedenti.

Il risultato finale di tutto questo pensiero negativo e relativo stato emozionale negativo è, naturalmente, una scarsa performance che peggiora costantemente. Il tennista continuerà a perdere incontri finchè non incontrerà un avversario con una situazione emotiva ancora più critica della sua!

I tennisti possono diventare i loro peggiori avversari semplicemente pensando costantemente agli effetti negativi provocati dalla tensione, creando una profezia autoavverante di gioco scadente e continue sconfitte.

Conclusioni

Qual’è la soluzione?

La soluzione è bilanciare questi fattori negativi – che vengono fuori in ogni caso in situazioni competitive e possono solo essere tenuti a bada – con sessioni di allenamento non competitivo.

Perché quando la tecnica è a posto, il tennis è tutta una questione di testa.

Attendo i tuoi commenti, come sempre graditissimi.

21 comments

    1. E’ la difficolta’ del nostro sport che da un lato richiede energia agonistica e dall’altro mente e corpo rilassati. Per questo il tennis e’ cosi’ bello, ci chiede di controllare corpo e mente in ogni colpo.

  1. noto che c’è un mio omonimo.

    cmq devo dire che nell’ambito del tennis mentale le potenzialità di ognuno di noi sono enormi ma il primo passo è diventarne consapevoli. con i miei compagni di allenamento spesso facciamo 10 minuti per uno al gioco del maestro, cioè uno dei due fa il maestro e l’altro fa l’allievo, il ‘maestro’ fa muovere l’allievo’ a suo piacimento mentre lui risponde possibilmente senza far spostare molto il maestro, e poi cambiamo, e tutto con i punti. almeno per me è importante perchè mi fa capire la differenza che c’è nel gioco effettivo tra un ruolo e l’altro, e vedo che il ruolo del maestro mi rilassa e tira fuori il meglio di me senza sforzo, mentre il ruolo dell’allievo mi fa sentire teso tutto il tempo. ci siamo imposti che nei tornei dobbiamo provare a rivestire il ruolo di maestro quanto più è possibile. quando ci riesco mi diverto moltissimo perchè sposto l’avversario con grande autorità (relativamente ai livelli di terza cat.) e se finisce che lui riesce a chiudere dopo un gran recupero, mi sento lo stesso soddisfatto perchè sono riuscito a impostare un gioco temibile che mette l’altro in condizioni di correre continuamente fino a non poterne più, cosi diventa perfino più facile infierire fino all’ultimo 🙂

  2. Sono d’accordo sull’allenamento non competitivo. Ma non mi sembra facile trovare avversari disposti a farlo. Ciao a tutti

  3. E’ proprio vero! Io la chiamo “ansia di prestazione” e ti irrigidisce a tal punto da rendere irriconoscibile il tuo gioco. Capita sopratutto quando prepari un colpo, un attacco che deve essere vincente a tutti i costi ma che, invece, si rivela un errore gratuito. Che rabbia!

  4. A volte durante i tornei mi fermo un attimo a guardare partite tra giocatori di una o due categorie sopra, rendendomi conto che piu della metà di loro non hanno assolutamente una tecnica superiore alla mia, e quasi tutti, un servizio come il mio non se lo sognano neanche.
    A parte il fatto che loro sono di categoria superiore alla mia voi vi domanderete: “qual’ é il problema?”
    Il problema é che loro, facendo una stima molto approssimativa, rispetto a quando si allenano palleggiando senza punti, perdono circa il 20% del loro potenziale in confronto a quando giocano partite di torneo, io invece da dr. Jekill mi trasformo in mr. Hyde!!!!
    Quando gioco una partita di torneo rispetto a quando mi alleno con amici o con il maestro i miei colpi si trasformano, non sembro neanche piu lo stesso giocatore, la mia palla nel dritto perde completamente il top spin, diventa una palla piatta e senza peso e il mio colpo migliore (il rovescio in top a una mano) lo tiro con cosi tanta paura di sbagliare che la metà delle volte finisce a rete, per non parlare poi del sevizio, in allenamento la pallina schizza via veloce dalle corde senza che io faccia il minimo sforzo mettendo dentro anche 20 prime consecutive, mentre in partita le prime messe a segno diventano 2 su 10, CHE DISASTRO!!!!
    Concludendo, il problema è che in partita non riesco a giocare sciolto e di conseguenza il miei colpi perdono tutta la fluidità.
    Come faccio ad uscire da questa situazione?
    AIUTO!!!

    1. C’e’ il corso Tennis Mentale che e’ pensato proprio per aiutare i tennisti a gestire la parte psicologica del gioco. Ovviamente e’ indicato specialmente per chi fa tornei, dove il problema psicologico si sente di piu’ e dove, come nel tuo caso, devi combattere contro l’avversario dall’altra parte e l’avversario che c’e’ dentro di te. Non sei il solo in questa situazione, il tennis e’ un gioco dove la componente psicologica e’ estremamente importante. Ti invito a guardare la pagina di spiegazione di Tennis Mentale e anche a provare il prodotto, come sempre con garanzia “30 giorni 100% Soddisfatto o Rimborsato”. Tennis Mentale ha anche un’opzione coaching, dove puoi avere un coach mentale che ti aiuta nel lavoro psicologico e forse considerando che fai tornei e hai una tecnica penalizzata dalla parte psicologica, potrebbe essere una soluzione ideale. Trovi tutti i dettagli nella pagina di Tennis Mentale.

  5. Credo che questi due articoli siano molto interessanti anche per chi fa il mestiere di istruttore per fornire buoni e saggi consigli agli allievi. Trovare le parole e i modi giusti per fare mantenere alta la motivazione negli allievi desiderosi di vincere sempre e subito arrendevoli appena sono in svantaggio non è sempre facile. Una cosa che scrive Renato la applico anch’ io quando gioco con qualcuno che mi mette in difficoltà e sono nervoso: penso di fare il maestro e questo, qualche volta, mi aiuta a “vedere” e gestire meglio la palla in arrivo e quella che prima sembrava una bomba diventa un motorino. In effetti l’ istruttore gestisce spessissimo colpi potenti degli allievi con apparente semplicità: Dipende dal giusto rilassamemento ed allenamento mentale. Spostarlo anche in partita è come trovare il jollly.

    1. Bella idea: e’ importante trovare i “nostri” sistemi per uscire da una situazione psicologicamente negativa ed entrare in una che ci permette di controllare la situazione e giocare di nuovo al meglio. Grazie per il commento.

  6. Sono d’accordo, per me è anche un fatto soggettivo dipende soprattutto anche dal carattere di una persona se è emotiva oppure no e la pressione che sente un giocatore.
    Comunque dalle mie esperienze passate per anni a fare tornei e a raggiungere una classifica di 3/1, è che bisogna giocare al meglio e sentirsi bene mentre si gioca indipendentemente dal risultato, e bisogna sempre lottare punto su punto senza mai mollare anche in situazioni che sembrerebbero perdute. Durante un match bisogna essere rilassati, mantenere la calma e soprattutto divertirsi.

  7. Proveremo a giocare rilassati anche se sono convinto che è più facile a dirsi che a farsi. Comunque grazie per l’ennesimo prezioso consiglio.

  8. l’abitudine all’aspetto mentale agonistico si coltiva sin da piccoli, maturando nel tempo la consapevolezza della gestione psichica. logico che chi emerge ha superato e vinto questo aspetto.
    saluti DINO IL VECCHIO

  9. Eccomi qui, dopo una partita in cui a tratti ho giocato rilassato, la palla andava via veloce , profonda e con meno sforzo; ho giocato con un amico che mi batte quasi sempre, ho perso anche stavolta, ma con meno scarto di games; quindi devo cercare di giocare il più tempo possibile rilassato senza farmi condizionare dal punteggio.
    Conscio di poter migliorare ti ringrazio Admin:-)

  10. Ho estratto dal testo questa frase che trovo bellissima. Da imparare e ripetere dieci volte al giorno “I tennisti possono diventare i loro peggiori avversari semplicemente pensando costantemente agli effetti negativi provocati dalla tensione, creando una profezia autoavverante di gioco scadente e continue sconfitte”.

  11. Ho pensato seriamente di appendere la racchetta al chiodo: in allenamento non competitivo mi riescono colpi niente affatto male, mi muovo con discreta agilità. Quando gioco in un macht mi trasformo; respiro male, mi irrigidisco, mi muovo faticosamente, sbaglio colpi di facilità disarmante. Perdo quasi sempre, anche con il più brocco dei brocchi. Sospetto di essere dissociato. Chissà cosa ne pensa “l’altro”?

  12. Ho pensato seriamente di appendere la racchetta al chiodo: in allenamento non competitivo mi riescono colpi niente affatto male, mi muovo con discreta agilità. Quando gioco in un macht mi trasformo; respiro male, mi irrigidisco, mi muovo faticosamente, sbaglio colpi di facilità disarmante. Perdo quasi sempre, anche con il più brocco dei brocchi. Sospetto di essere dissociato. Chissà cosa ne pensa “l’altro”?

    Giovanni

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